L'ACCOGLIENZA

Testo integrale dell’intervento “per i giovani di Casciana Terme”

presso la sede del Club La Vecchia Quercia, il 2 febbraio 2001

Stefano Fracassi, figlio “dell’eterno giovane” Ugo, alzando la testa dalla tastiera del suo computer, giorni fa, mi disse:
agli inizi del prossimo anno (eravamo in dicembre) dovrai intrattenerti con i soci della “Vecchia Quercia” per illustrare il tema “ospitalità”.
Da come me lo disse, dal tono che usò per dirmelo (era la classica tonalità Fracassi), capii che non era ammessa  la possibilità di trovare scappatoie per evitare a voi la minaccia di ascoltarmi o quantomeno di guardarmi.
Lì per lì rimasi perplesso. Pensai: - cosa gli vado a raccontare a quei giovani del Club Vecchia Quercia sull’ospitalità?
Poi, subito dopo, ecco che capii cosa aveva fatto cadere su di me la scelta. Capii che con Stefano Fracassi, il vostro presidente Federico Salvadori avendo scelto la parola “ospitalità”, avevano usato un sinonimo.
Si, ospitalità è sinonimo di accoglienza. E infatti, come avrete notato sul biglietto di invito che avete ricevuto per quest’incontro, il tema “ospitalità”, primamente stabilito, è stato sostituito con la parola “accoglienza”. Sono stato io che ho suggerito di modificare ospitalità con accoglienza. Perché?
Prima di tutto perché accoglienza è sinonimo di ospitalità, quindi cambiando parola non si cambia il tema dell’incontro;
in secondo luogo perché accoglienza mi sembra che più marcatamente voglia dire: ricevere. Accoglienza è accettare, accoglienza è ospitare, accoglienza è radunare. La parola accoglienza mi sembra più appropriata, più indicativa, più incisiva, più gentile, più calda. Io, con voi, oggi,  desidero essere incisivo. Tento di essere incisivo.
Dunque cari giovani amici, veniamo al sodo.
Federico (figlio della mia compagna di scuola Iolanda) e Stefano (figlio di chi, lo sapete e l’ho già detto), chiamandomi a parlarvi, hanno ricordato che io dell’accoglienza e per l’accoglienza ho speso una vita. Una vita che comprende una buona fetta di infanzia e di giovinezza.
Una fetta di infanzia ed una fetta di giovinezza, trascorsi tra    mura    dedicate       all’accoglienza di “ bagnanti” (i miei nonni erano proprietari e gestori della Pensione Stella) e, ancora, coloro che mi hanno voluto qui tra voi, hanno ricordato la rimanente grossissima fetta di mia crescita e di mia maturità, trascorsa tra le nebbie di Milano. Di Milano, nutrice di quella grande Fiera Internazionale che dell’accoglienza, a buon titolo, è possibile definire prototipo esemplare, se non unico, certamente primario per l’Italia.
Si, a Casciana, presso la Pensione Stella, sotto lo sguardo acuto e severo di una nonna inflessibile, ho chinato reverente la mia giovane schiena per salutare, come buona educazione insegna, sia le signore sia i signori “Bagnanti” (… da chiamare e da… scrivere con la B maiuscola) che per qualsiasi motivo il fato voleva farmi incontrare sui percorsi di casa; si, a Milano, alla Fiera di Milano, sotto la guida illuminata di personaggi di elevata cultura manageriale, ho trascorso giornate festive e feriali, nottate di freddo e di caldo, per preparare aree, servizi, impianti destinati ad accogliere gli “Espositori” (anche loro, mi dissero, da… chiamare e da scrivere con la E maiuscola). Ed ancora a Milano, alla Fiera di Milano, portando con umiltà la gavetta, ho seguito, diretto e coordinato, il Servizio di Assistenza Tecnica Espositori ossia, la manutenzione degli immobili, i servizi di pulizia del quartiere e dei padiglioni, la sorveglianza dei beni esposti, il funzionamento dei servizi di ristorazione, degli impianti, dei diurni, l’esecuzione corretta delle opere, prestazioni, forniture che gli Ospiti/Espositori richiedevano, spesso all’ultimo momento e quindi con urgenza (e qualcuno con arroganza). E sempre lì, alla Fiera, ho insegnato a giovani appena assunti il tipo di lavoro che li attendeva (il mio Servizio lo chiamavano ironicamente CAR – Centro Addestramento Reclute).
Era lavoro, lo capite perfettamente, tutto proteso “all’accoglienza”: - per accogliere Allestitori di posteggi prima, Espositori poi, Pubblico dopo - .
Dalla gavetta, ho iniziato a comprendere ed imparare ciò che successivamente è diventata una scienza: la scienza del marketing.
Meglio sarebbe dire che il marketing è derivato dall’accoglienza. Quindi, la scienza vera è l’accoglienza.
Saper accogliere è dunque marketing; saper vendere l’accoglienza è marketing. Accoglienza e marketing, concatenazione di azioni, concatenazione di idee, concatenazione di atteggiamenti, concatenazione di pensieri.
Accoglienza è marketing, ma anche, soprattutto CIVILTA’.
Accogliere correttamente un Ospite, fargli trovare l’ambiente in cui vivere anche se pochi giorni, caldo e… appunto accogliente, fargli gustare, vedere, conoscere il meglio che abbiamo, oppure ciò che il nostro buon fiuto fa immaginare  possa essere desiderato, questa più che accoglienza è sinonimo di CIVILTA’.
E vorrei aggiungere, tanto siamo tra noi, che si tratta questa di CIVILTA’ INTELLIGENTE. Sapete perché intelligente? Perché se l’accoglienza è resa impeccabile e calda il prodotto anche se mediocre appare buono.
I nostri “antichi” progenitori cascianesi, non avevano certo seguito corsi di scuole “alberghiere” e di “marketing”. Loro, i nostri vecchi, coloro che furono capaci di mantenere Casciana per lunga pezza “la perla termale d’Italia”, loro, si muovevano d’istinto, “accoglievano” senza aver letto o studiato regole scritte, ma possedevano un bene assoluto: L’UMILTA’ (per meglio capirsi non erano presuntuosi). E per capirsi ancora meglio, vi dirò che loro erano consapevoli che ad ogni piè sospinto gli si offriva la possibilità di imparare.
Perché loro, non presuntuosi, si ritenevano (spesso usando furbizia si facevano ritenere, pur non essendo) degli emeriti ignoranti.
Questa UMILTA’ fece crescere personale di servizio ineccepibile ( non servile come stupidamente qualcuno riteneva e ritiene). Il “personale” non era servo dell’Ospite, il personale compiva egregiamente il suo lavoro che consisteva e tuttora consiste nel servire.
“Servire” con intelligenza, con prontezza, con professionalità, ELEVA (ripeto perché capiate bene: ELEVA).
La persona chiamata a farlo, a servire, se compie il suo lavoro con dedizione, prontezza, scrupolo, precisione, intelligenza, diventa un professionista (professionista come un medico, come un ingegnere, come un ragioniere).
Le false e tragiche ideologie sconfitte dalla storia, hanno subdolamente e ad arte iniettato nell’uomo, il germe dell’odio, del risentimento e dell’invidia, hanno con ciò, fatto travisare il concetto di servizio.
Con forza e a chiare lettere dobbiamo oggi riaffermare che il servizio, motore dell’accoglienza, non è servilismo. Il servizio, è etica, è morale, è dovere, è una professione.
E, veniamo ad altro.
I nostri “antichi” progenitori, quelli stessi che non avevano seguito corsi specializzati, erano fermamente convinti che dopo l’umiltà, il secondo comandamento fosse: preparare e mantenere l’ambiente.
Un ambiente simile a quello che gli Ospiti avevano temporaneamente lasciato nelle loro città di provenienza?
Un ambiente simile a quello che in mille, duemila, tremila altri luoghi di villeggiatura, di svago e di termalismo si trovava?
No, un ambiente diverso, il più possibile diverso.
Un ambiente pervaso di silenziosi fruscii, cullato dal canto di uccelli, denso di aria ossigenata, condito di pasti raffinati ma caserecci/toscani, munito di riposanti, ombreggiati itinerari per passeggiare, cullato da silenzi notturni, protetto dalle scorribande scomposte e pericolose di improvvisati giocatori di pallone, salvaguardato da conduttori spericolati di automezzi o biciclette, dotato di locali di svago e di relax predisposti all’ascolto di buona musica soft che, adescatrice di danze, non escludesse la possibilità di parlare sommessamente ed essere ascoltati (magari dalla conquistata fanciulla o… tardona) senza essere costretti ad urlare.
I nostri “antichi” progenitori, quelli umili che sapevano conservare l’ambiente, avevano scolpito a caratteri cubitali la massima:
da maggio a ottobre (allora la stagione durava sei mesi) Casciana non è nostra è dei Bagnanti.
Loro, i nostri progenitori, durante quei sei mesi, scomparivano;
noi, i giovani ed i ragazzi di allora, scomparivamo con loro (magari lo facevamo controvoglia, piangendo se colpiti dalle bacchettate dei genitori, dei nonni e di Cesare Burgalassi – la guardia comunale di Casciana).
Casciana, da maggio a ottobre, era dei Bagnanti.
Immagino cosa state pensando:
che barba, anche questo qui ci viene a raccontare che ai suoi tempi…
No, cari miei giovani amici e compaesani, io vi sono venuto a raccontare ciò che la scienza del marketing tuttora insegna. Ho cercato e cerco in breve di raccontarvi ciò che “compiuto a suo tempo dagli antichi cascianesi”, io milanese di adozione ho sentito ripetere con termini e finalità simili, durante corsi di studio che l’azienda Fiera Milano, non nel 1000 avanti Cristo, ma negli anni 80 e 90 del passato novecento, indiceva spesso e volentieri per i suoi quadri dirigenti.
Sapete miei cari amici cosa vi sono venuto a dire?
Sono venuto a dirvi una cosa molto importante. State attenti, ascoltatela bene. Quello che sto per dirvi potrebbe essere la chiave giusta per aprire la porta dell’accoglienza.
Sono venuto a dirvi (in realtà ve l’ho già detto) come e cosa occorre fare e come è necessario comportarsi per trasformarsi da cittadini di serie B in cittadini di serie A.
L’ho fatto sintetizzando alcuni dei concetti fondamentali che costituiscono la scienza dell’accoglienza.
I discorsi lunghi vengono a noia e ad un certo punto, l’ascoltatore si distrae, comincia a pensare ad altro, non ascolta più.
Anche questo rientra nei concetti basilari dell’accoglienza:
poche chiacchiere e molti fatti;
(questo concetto non è assolutamente di moda. E’ di moda il bla-bla-bla).
E i cittadini del futuro, del futuro di serie A, faranno poche chiacchiere e molti fatti. E non solo Casciana ha bisogno urgente di cittadini di serie A. Ne ha bisogno la nostra Patria.
Debbo aggiungere un argomento. Non vi spaventate cercherò di essere il più breve possibile.
L’argomento mi è sfuggito prima, ma è anch’esso parte essenziale della scienza dell’accoglienza. Non posso quindi tralasciarlo, sarebbe grave e imperdonabile.
Debbo sottolineare che fa parte integrante se non principe dell’accoglienza, IL RISPETTO.
Una buona accoglienza implica infatti la condizione che colui che ospita, rispetti colui che viene ospitato.
E’ lapalissiano? E’ lapalissiano.
Ma purtroppo è possibile rilevare che frequentemente il cosiddetto rispetto per l’Ospite e in genere per la persona anziana (i nostri ospiti sono prevalentemente anziani), non è dote precipua dei contemporanei.
Il RISPETTO comporta:
- lasciare il passo (la precedenza) alle persone anziane ed alle signore;
- non dare sfacciatamente del “TU” alle persone adulte e comunque a coloro che a malapena si conoscono;
- lasciare il posto (la sedia, la poltrona, la panchina) agli Ospiti e alle persone anziane;
- non compiere scorribande, emettere urla, far baccano in vicinanza di persone che riposano o parlano;
- parlare sottovoce in prossimità degli Alberghi e comunque delle zone ove le persone riposano;
- raccogliere da terra l’oggetto che inavvertitamente è caduto ad una signora o ad una persona anziana;
- aggiungere sempre l’aggettivo Signora o Signore al nome o cognome di persone anziane o poco conosciute;
- non interrompere un discorso intrapreso da altri;
- ascoltare le argomentazioni altrui, anche se queste sono contrarie alle proprie;
- non gettare per terra i rifiuti, ma usare i cestini ed i raccoglitori appositi.
Chiacchierando (o meglio scrivendo) a ruota libera, mi sono accorto di essermi dilungato esprimendo concetti specifici. Non vorrei quindi che la mia chiacchierata fosse intesa e rimanesse nei vostri ricordi,   come diretta ad un unico genere di persone:
al genere di persone interessate al lavoro alberghiero o turistico.
Ebbene occorre chiarire e puntualizzare che mi sono rivolto a voi senza dubbio considerando che siete con me cittadini di una stazione termale protesa verso l’auspicata crescita, ma, credetemi, vi ho fino ad ora parlato così come avrei fatto con persone abitanti di un luogo diverso; un luogo né termale, né turistico.
Dico questo perché il concetto “accoglienza”, nel mondo del lavoro che frequentate o che vi accingete a frequentare (e qui noterete che mi rivolgo ai giovani), occuperà sempre e certamente sempre con maggior importanza il posto preminente che le compete.
In breve, per farmi ben comprendere, non è che qui parliamo di un argomento che interessa solamente Casciana. Qui stiamo parlando di un argomento che interessa l’Europa e il mondo.
L’accoglienza è “comportamento”. Durante il mio parlare ho definito l’accoglienza “civile” e “intelligente” e “umile”. Ebbene esprimere, mostrare civiltà e far comprendere di essere intelligenti ed umili, apre le porte della vita. Di una vita, e mi ripeto, di serie A.
Presentarsi ad un datore di lavoro qualsiasi con civile comportamento e interloquire con lui con argomenti intelligenti, mostrare umiltà, è, credetemi, il miglior biglietto da visita che si possa portare.
Non è sufficiente un buon curriculum di studio o di lavoro. Già da ieri, per accedere ai “posti” che contano o che fanno intravedere possibilità di carriera brillante, occorreva mostrare conoscenze specifiche che nell’accoglienza e solo in questa indicano segni evidenti di preparazione alla vita ed al lavoro.
E quanto vi dico è veritiero, reale; io, credetemi, sono la vivente testimonianza. Di quanto vi dico, ne ebbi conferma clamorosa quando intrapresi la mia vita di…esule in quel di Milano. La lezione quotidiana di “accoglienza” impartitami a Casciana, dai miei nonni, alla Stella, mi fu di prezioso ausilio per intraprendere la strada che mi ha condotto ai vertici manageriali dell’Ente Fiera.
In seguito, ho avuto modo di esaminare e di ascoltare decine e decine di pretendenti ad un posto di lavoro, ho, in commissione, esaminato, analizzato, scrutato, indagato per comprendere appieno le reali caratteristiche non solo professionali di chi mi stava davanti. Ebbene, solo in poche persone ho trovato il seme di quei concetti di accoglienza che facevano presupporre quell’individuo preparato o perlomeno predisposto a far proprie quelle che da sempre sono state le doti salienti per affrontare la vita del lavoro.
E perché queste “doti” indispensabili, questi “semi” proficui possano mostrarsi e crescere, occorre che quotidianamente, sempre (nel caso di Casciana non solo nel corso di una stagione o di un periodo), siano come un vestito che ogni mattina si indossa, prima di uscire.
No, scusate, ho sbagliato.
Non come un vestito che si indossa ogni mattina prima di uscire, no, no; quel seme, quella dote, deve divenire  un carattere che marchi a fuoco il nostro comportamento di ogni ora, anche quella di sonno o di riposo in famiglia.
Anche in famiglia, si, perché in quell’angolo riservato alla nostra, vostra intimità, si rafforzano gli esistenti o si costruiscono i nuovi cittadini e di Casciana e dell’Italia.
I più giovani di voi, vedrete, dovranno affrontare il mondo. E nel mondo, colui che vuole crescere e con il quale voi dovrete competere, si prepara da tempo “all’accoglienza” perché consapevole,  che accogliere è dare, e dare è accogliere.
Casciana è stimolo, è culla ideale, può essere, deve essere maestra per l’accoglienza.
Siete, siamo dunque fortunati.
Per crescere come vorremmo facesse, Casciana abbisogna di “dottori in accoglienza”. Di questo ne dobbiamo essere consapevoli e convinti.
Dobbiamo quindi specializzarsi in accoglienza.
Come ogni cosa che ha valore, per raggiungere buoni traguardi sono richiesti sacrificio, impegno quotidiano e self control. Occorre insegnare ai ragazzi, occorre ripetere alle madri ed ai padri, occorre suggerire agli insegnanti, in qualche caso occorre dirlo anche ai sacerdoti.
Occorre, predicarlo e pretenderlo da chi si candida alla conduzione della cosa pubblica. Dobbiamo scegliere a conduttori della cosa pubblica persone consapevoli del significato della parola accoglienza.
Occorre dare l’esempio.
E la “Vecchia Quercia”, se non vado errato, di buoni esempi, quando ha voluto, ha saputo darne.
In questo caso, la “Vecchia Quercia” diverrebbe maestra di comportamento, alleverebbe cascianesi nuovi, farebbe riflettere i molti cascianesi vecchi o retrivi che affollano la Piazza per parlare, parlare, parlare.
E la voce correrebbe veloce tra le colline nostrane ed anche via Internet (tra parentesi io credo più nel “passaparola” che nella propaganda o pubblicità strautilizzata, inflazionata e ormai monotona e inascoltata), dicevo che la voce correrebbe veloce, questa voce semplicemente direbbe: - un gruppo di giovani, a Casciana Terme in Toscana, insegna a vivere e a conquistare l’Europa. -
Che soddisfazione ragazzi; comincereste realmente a costruire la nuova Casciana.
Vi chiedo: - siete o no convinti con me che occorre una nuova Casciana? -
Se lo siete, datemi ascolto, non mandatemi al diavolo come spesso qualche saputello locale ha fatto. Promuovete, intraprendete, fate da voi, non aspettate che venga da fuori qualcuno che emarginandovi dai posti che “contano”, vi costringa a lasciare Casciana, vi faccia andare lontano, non vi faccia più essere o sentire cascianesi. Promuovete, intraprendete la battaglia per l’accoglienza. E’ questa la raccomandazione che voglio definire fraterna. Ascoltatela, vi soddisferà.
Vi ringrazio di avermi ascoltato, ringrazio nuovamente il  presidente della Vecchia Quercia Federico Salvadori e l’amico, Direttore di Nuova Casciana Stefano Fracassi  che  mi hanno prescelto a svolgere un tema così specifico, essenziale, importante. Non so’ se sono stato esauriente e convincente, so’, lo sento dentro di me, che sono contento di avervi parlato, di avervi guardato in faccia, di aver cercato di farvi comprendere l’essenza vera del mio pensiero, spesso, molto spesso, deriso, distorto o frainteso. Sono contento di aver parlato da cascianese a cascianesi. Sapete un po’, e ve ne sono grato, siete riusciti a farmi risentire giovane.
Voglio dirvi anche un’altra cosa e questa è l’ultima. Voglio dirvi che sono commosso. Si, sono commosso perché è la prima volta che dei cascianesi mi hanno invitato a parlare per il nostro Paese.

Grazie.

 

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