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Portovenere,
nido di marinai
e navigatori,
colonia e base
fortificata
della repubblica
genovese dal
1113 alla sua
caduta, ha dato
in epoche
passate e
recenti nomi
illustri alla
storia: San
Venerio, gli
ammiragli
Cavalleri,
Giovanni e
Simone Barbavara,
Giuseppe
Graffigna detto
il « Cardinalino
», il famoso
corsaro
Bardella, morto
combattendo
contro i turchi;
e poi scrittori
e religiosi di
notevole
rinomanza, quali
il Rechino
(secolo XV), il
Tramallo
(vescovo nel
1600), il
vescovo di
Aiaccio Maggiolo
(1802),
l’arciprete
Lamorati
(scrittore e
storico del
1600) ed altri,
nel tempo dello
splendore o
della decadenza
della
repubblica.
Ebbero inoltre
radici familiari
a Portovenere i
professori e
senatori
Giovanni
Capellini e
Camillo Manfroni,
illustre geologo
e paleontologo
spezzino di fama
mondiale il
primo, grande
storico delle
marinerie
italiane
medioevali il
secondo.
Il 24 dello scorso maggio Portovenere ha
perduto un altro
suo amato
figlio, resosi
benemerito al
servizio e nelle
difficili
vicende della
Patria: il
generale di
Corpo d’Armata a
riposo Tito
Montefinale.
Schivo, per sua
natura, da ogni
pubblicità, per
di lui espresso
volere la sua
scomparsa doveva
passare
completamente
inosservata e
così è avvenuto.
Tuttavia, a
distanza di
oltre un mese
dal luttuoso
evento, non si
può non
ricordarne le
benemerenze, che
fanno onore al
suo paese natio
ed all’intero
nostro Golfo.
Era nato a Portovenere il 12 maggio del
1868, dal dott.
Gabriele, medico
del Comune, come
lo era stato in
precedenza il di
lui padre dott.
Tommaso, che fu,
fra l’altro,
insigne
latinista,
legato
d’amicizia con i
patrioti di
Lerici e gli
emigrati
risiedenti alla
Spezia. Così nel
settembre 1849
aveva accolto ed
ospitato nella
sua casa di
Portovenere
l’accorato ed
indomito
transfuga della
Repubblica
Romana Giuseppe
Garibaldi,
provvedendo poi
a farlo
proseguire per
La Spezia con
una barca del
luogo. Lo stesso
dottor Gabriele,
durante il suo
primo tirocinio
a Genova, alle
dipendenze del
grande chirurgo
e patriota
Agostino Bertani,
organizzatore
dei « Mille »,
aveva fatto
parte del
cenacolo di
adepti e
sognatori
dell’idea
unitaria che
faceva capo a
Maria Mazzini e
ne divideva il
pensiero e le
ansie nei
riguardi del suo
Grande Figlio.
Quarantaquattro anni or sono, nella stessa
giornata del 24
maggio in cui
spirava a Roma,
Tito
Montefinale, col
grado di tenente
colonnello di
artiglieria,
aveva passato,
alla testa delle
sue batterie da
campagna, il
confine
italo-austriaco
a Cervignano.
Una lunga vita
la sua, dedicata
per 50 anni
all’esercito e
all’artiglieria,
dall’uscita
dall’Accademia
di Torino nel
1888 a
comandante della
divisione
territoriale
nella stessa
sede nel 1927 e
poi ispettore
d’artiglieria a
Roma dal 1931 al
1934.
Già nella prima gioventù ebbe particolare
disposizione
agli studi
matematici e nel
proseguo della
carriera diede
all’artiglieria
italiana
ingegnosi ed
utili strumenti
per il tiro,
tuttora in uso
e, più che
tutto, lasciò
traccia delle
sue capacità
innovative nelle
varie
pubblicazioni
che vi si
riferiscono,
molte delle
quali, rinnovate
interamente
sotto la sua
direzione, sono
sempre
regolamentari.
Destò interesse
al riguardo un
suo studio
pubblicato
intorno al 1925
« La prossima
guerra » nel
quale, facendo
tesoro
dell’esperienza
acquisita
durante la
guerra
1915-1918,
prevedeva un
totale
capovolgimento
nella condotta
delle operazioni
terrestri in
dipendenza delle
nuove armi
introdotte,
segnatamente i
carri armati.
Durante il periodo della neutralità
italiana
l’ammiraglio
Thaon di Revel
aveva concepito
l’ardito disegno
di rendere
impossibile alla
flotta
austro-ungarica
la dimora « in
potenza » nella
baia di Cattaro,
col collocare
una forte
postazione di
batterie di
grosso calibro
sul prospiciente
Monte Lovcen,
soggetto al
Montenegro, a
noi favorevole.
Dell’impresa era
stato incaricato
il colonnello
Montefinale,
inviato
segretamente sul
posto per i
preparativi
necessari; ma
all’ultimo
momento mancò la
disposizione del
materiale,
utilizzato per
le necessità del
fronte.
Del servizio del generale Montefinale
durante la prima
guerra mondiale
va ricordato il
concorso dato
alla Marina
durante la
difesa di
Durazzo, in
occasione della
ritirata e del
salvataggio
dell’esercito
serbo;
l’attestamento
delle
artiglierie sui
monti avanzati
di Treblova, che
impedirono
l’occupazione
dell’Albania e
di Valona da
parte delle
Potenze Centrali
e la sua azione
nel dicembre
1917 al fronte
del Veneto, che
gli valse la
decorazione di
cavaliere
dell’Ordine
Militare di
Savoia con la
seguente
motivazione: «
Malgrado
difficoltà di
mezzi e mancanza
di personale
seppe, con
intelligenza,
attività ed
energia, in
breve tempo
ottimamente
organizzare
l’artiglieria di
un corpo
d’armata che
arretrava sul
Piave, e con
saggio impiego
concorrere in
modo efficace ed
a tempo
opportuno ad
annientare masse
avversarie che
attaccavano sul
fronte di un
altro corpo
d’armata (Montello,
dicembre 1917)
».
Nel 1934, collocato in ausiliaria per
raggiunto limite
d’età, veniva
nominato
senatore del
Regno per
riconosciute
benemerenze nel
campo
tecnico-militare
ed in tale alta
posizione cercò
di rendersi
utile, quando
necessario alla
sua regione ed
al suo paese
natio. Fra
l’altro, aveva
ottenuto dalla
Fondazione
Carnegie
un’assegnazione
periodica di
fondi all’asilo
infantile di
Portovenere, che
dedicava in
riconoscimento
una sala al suo
nome.
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