1966 - Guglielmo Marconi nel golfo - La rete radiosemaforica alla Palmaria

 

       La Liguria, ricca di tradizioni e glorie marinare, non lo è altrettanto di musei navali, utili istituzioni, specie per i giovani, che vi possono leggere scritti nelle cose (cimeli, modelli navali, ricordi, documenti vari), quanto hanno appreso sui libri, spesso in modo superficiale.
       Conservare in modo ben ordinato quanto si riferisce alla passata attività di un popolo sul mare, ne forma e ne mantiene la « coscienza navale », e cioè la consapevolezza del posto che occupa l’acqua salsa nell’economia delle nazioni e quale mezzo ideale di comunicazione e di scambi con gli altri popoli che vivono sulle sue sponde.
       Privilegiata sugli altri paesi rivieraschi, La Spezia deve alla Marina Militare il suo museo navale, forse il più completo d’Italia, saggiamente affidato alla direzione di un ammiraglio della riserva: Benedetto Lucchetti, del quale potremmo riassumere l’opera di ricostruttore, dopo i danni e le dispersioni di guerra, affermando che egli ne ha fatto la sua seconda vita.
       Lo trovammo intento, giorni fa, ad un’opera veramente meritoria: riordinare preziose relazioni e documenti tecnici facenti parte degli archivi di talune direzioni della piazzaforte (quali ad esempio la direzione di artiglieria e armamenti di San Vito e quella delle torpedini e del munizionamento di San Bartolomeo) operanti intorno ai primi del novecento — in epoca cioè d’intensivo rinnovamento del materiale navale — documenti e relazioni che non hanno carattere strettamente militare ed attestano, se ancora ve ne fosse bisogno, la funzione formativa ed educativa che svolge la Marina nell’ambito del Paese.
       il museo navale della Spezia, dispone, fra l’altro, di una modesta raccolta di cimeli marconiani. Essi sì riferiscono in gran parte alle famose esperienze che il giovane inventore della telegrafia senza fili svolse nel nostro Golfo dal 10 al 18 luglio del 1897 appena due anni dopo la storica rivelazione di Pontecchio ed al seguito che vi dettero in Alto Tirreno alcuni benemeriti ufficiali ed ingegneri elettricisti della Marina, dopo che Guglielmo Marconi aveva concesso il libero uso dei suoi brevetti al governo italiano.
       Vi potrebbe essere molto di più, se gran parte del materiale originario portato da Marconi in Italia, o riprodotto nell’officina radiotelegrafica di San Vito (la prima del genere in Italia) non fosse andato disperso o lasciato a deperire nei magazzini a misura che il travolgente progresso della nuova tecnica lo rendeva superato.
       Ma vi è abbastanza per far comprendere ai giovani quale fu veramente quello che si suole chiamare « il miracolo di Marconi »: dimostrare che le onde hertziane, considerate fino al 1895 un ingegnoso giochetto scientifico (lo stesso Hertz non credeva alla loro portata extra laboratorio!) potevano superare distanze terrestri e giungere agli stessi antipodi. E lo fece, all’inizio, con quei pochi apparati embrionali che sono stati poi raccolti nel Museo Navale della Spezia.
       Fu infatti nelle acque del nostro golfo che il telegrafo Marconi, col quale nel maggio 1897 erano state raggiunte in Inghilterra portate massime sui dodici chilometri, batté il suo primo record sui venti chilometri. Ma ciò che più importa, la ricezione dei segnali trasmessi da una stazione sperimentale posta a San Bartolomeo (della quale il Museo navale conserva alcuni dei cimeli) fu fatta per la prima volta a bordo di una nave in moto.
       Contrariamente ai parere di increduli scettici, le masse metalliche di bordo non impedirono la ricezione delle onde elettriche, nemmeno portando il ricevitore all’interno del ridotto corazzato...
       Lasciato il golfo, Marconi tornò in Inghilterra a guidare, per altri trentatré anni, i destini della sua grande invenzione (tornò definitivamente in Liguria con la sua nave « Elettra » nel 1930, ad iniziare la tappa delle « microonde », ultima, ma non meno feconda di conseguenze, della sua vita) e la Marina Militare continuò nella sua scia, un’altra serie di importanti acquisizioni che ha anch’essa il suo posto nella storia della radiotelegrafia.
       Scorrendo le accennate relazioni troviamo ad esempio che a pochi mesi di distanza, in sostituzione della stazione sperimentale di San Bartolomeo venne sistemata la prima di una rete completa di stazioni radiosemaforiche sulla sommità dell’isola Palmaria e nel 1899 anche all’isola di Gorgona, e presso l’Accademia navale di Livorno, ottenendo trasmissioni fino alla portata massima di 78 chilometri, pari alla distanza fra le isole Palmaria e Gorgona.
       Visti i promettenti risultati, già nel 1898 furono fatte installazioni sulle navi « Lepanto », « Sardegna », « Messaggero » e « Trinacria», quando la stessa flotta inglese disponeva di impianti Marconi su sole tre navi.
       Fra gli apporti della Marina italiana in quel tempo, merita di essere segnalata l’introduzione della ricezione dei segnali « a udito » (anziché con macchina Morse) applicando il telefono ad uno speciale « coherer » ideato dal semaforista Castelli nel 1900. Con esso fu battuto il record dei 220 chilometri fra la Palmaria e l’isola del Giglio, prima che Marconi stesso raggiungesse in Inghilterra la portata di 300 chilometri.
       Ma ciò che non tutti sanno, è che nella fatidica data del 12 dicembre 1901, in cui la telegrafia Marconi varcò per la prima volta l’Atlantico, la ricezione della lettera «S» (tre punti morse) era stata fatta da Marconi in persona e dal suo assistente, all’isola di Terranova servendosi di un esemplare del dispositivo di cui abbiamo detto più sopra.
       Fu poi nel 1902 l’invenzione del « detector magnetico » fatta dallo stesso Marconi (che ne collaudò il funzionamento nelle due famose campagne dell’incrociatore italiano « Carlo Alberto ») a consacrare definitivamente la ricezione auricolare, che resta tuttora il sistema più pratico di ascolto radio sulle navi.
       La Spezia, contrariamente a Genova che ha dato il nome del grande inventore ad una delle sue più belle strade litoranee ha relegato il nome di Marconi fra i toponimi di periferia.
       Anni addietro fu anche ventilata l’idea di ereggere un cippo o apporre una targa sull’impareggiabile fronte a mare della città, a ricordo delle storiche esperienze che Guglielmo Marconi compì nel 1897. Ma poi non si è fatto più nulla.

 
     
     

  

× torna a INDICE ARTICOLI
 
 
 
 

 
 
Home  ◊  I libri  ◊  I libri inediti  ◊  Gli articoli   ◊  Gli interventi   ◊  Gino Montefinale  ◊   Biografia  ◊   Contattaci