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La Liguria,
ricca di
tradizioni e
glorie marinare,
non lo è
altrettanto di
musei navali,
utili
istituzioni,
specie per i
giovani, che vi
possono leggere
scritti nelle
cose (cimeli,
modelli navali,
ricordi,
documenti vari),
quanto hanno
appreso sui
libri, spesso in
modo
superficiale.
Conservare in modo ben ordinato quanto si
riferisce alla
passata attività
di un popolo sul
mare, ne forma e
ne mantiene la «
coscienza navale
», e cioè la
consapevolezza
del posto che
occupa l’acqua
salsa
nell’economia
delle nazioni e
quale mezzo
ideale di
comunicazione e
di scambi con
gli altri popoli
che vivono sulle
sue sponde.
Privilegiata sugli altri paesi rivieraschi,
La Spezia deve
alla Marina
Militare il suo
museo navale,
forse il più
completo
d’Italia,
saggiamente
affidato alla
direzione di un
ammiraglio della
riserva:
Benedetto
Lucchetti, del
quale potremmo
riassumere
l’opera di
ricostruttore,
dopo i danni e
le dispersioni
di guerra,
affermando che
egli ne ha fatto
la sua seconda
vita.
Lo trovammo intento, giorni fa, ad un’opera
veramente
meritoria:
riordinare
preziose
relazioni e
documenti
tecnici facenti
parte degli
archivi di
talune direzioni
della
piazzaforte
(quali ad
esempio la
direzione di
artiglieria e
armamenti di San
Vito e quella
delle torpedini
e del
munizionamento
di San
Bartolomeo)
operanti intorno
ai primi del
novecento — in
epoca cioè
d’intensivo
rinnovamento del
materiale navale
— documenti e
relazioni che
non hanno
carattere
strettamente
militare ed
attestano, se
ancora ve ne
fosse bisogno,
la funzione
formativa ed
educativa che
svolge la Marina
nell’ambito del
Paese.
il museo navale della Spezia, dispone, fra
l’altro, di una
modesta raccolta
di cimeli
marconiani. Essi
sì riferiscono
in gran parte
alle famose
esperienze che
il giovane
inventore della
telegrafia senza
fili svolse nel
nostro Golfo dal
10 al 18 luglio
del 1897 appena
due anni dopo la
storica
rivelazione di
Pontecchio ed al
seguito che vi
dettero in Alto
Tirreno alcuni
benemeriti
ufficiali ed
ingegneri
elettricisti
della Marina,
dopo che
Guglielmo
Marconi aveva
concesso il
libero uso dei
suoi brevetti al
governo
italiano.
Vi potrebbe essere molto di più, se gran
parte del
materiale
originario
portato da
Marconi in
Italia, o
riprodotto
nell’officina
radiotelegrafica
di San Vito (la
prima del genere
in Italia) non
fosse andato
disperso o
lasciato a
deperire nei
magazzini a
misura che il
travolgente
progresso della
nuova tecnica lo
rendeva
superato.
Ma vi è abbastanza per far comprendere ai
giovani quale fu
veramente quello
che si suole
chiamare « il
miracolo di
Marconi »:
dimostrare che
le onde
hertziane,
considerate fino
al 1895 un
ingegnoso
giochetto
scientifico (lo
stesso Hertz non
credeva alla
loro portata
extra
laboratorio!)
potevano
superare
distanze
terrestri e
giungere agli
stessi antipodi.
E lo fece,
all’inizio, con
quei pochi
apparati
embrionali che
sono stati poi
raccolti nel
Museo Navale
della Spezia.
Fu infatti nelle acque del nostro golfo che
il telegrafo
Marconi, col
quale nel maggio
1897 erano state
raggiunte in
Inghilterra
portate massime
sui dodici
chilometri,
batté il suo
primo record sui
venti
chilometri. Ma
ciò che più
importa, la
ricezione dei
segnali
trasmessi da una
stazione
sperimentale
posta a San
Bartolomeo
(della quale il
Museo navale
conserva alcuni
dei cimeli) fu
fatta per la
prima volta a
bordo di una
nave in moto.
Contrariamente ai parere di increduli
scettici, le
masse metalliche
di bordo non
impedirono la
ricezione delle
onde elettriche,
nemmeno portando
il ricevitore
all’interno del
ridotto
corazzato...
Lasciato il golfo, Marconi tornò in
Inghilterra a
guidare, per
altri trentatré
anni, i destini
della sua grande
invenzione
(tornò
definitivamente
in Liguria con
la sua nave «
Elettra » nel
1930, ad
iniziare la
tappa delle «
microonde »,
ultima, ma non
meno feconda di
conseguenze,
della sua vita)
e la Marina
Militare
continuò nella
sua scia,
un’altra serie
di importanti
acquisizioni che
ha anch’essa il
suo posto nella
storia della
radiotelegrafia.
Scorrendo le accennate relazioni troviamo
ad esempio che a
pochi mesi di
distanza, in
sostituzione
della stazione
sperimentale di
San Bartolomeo
venne sistemata
la prima di una
rete completa di
stazioni
radiosemaforiche
sulla sommità
dell’isola
Palmaria e nel
1899 anche
all’isola di
Gorgona, e
presso
l’Accademia
navale di
Livorno,
ottenendo
trasmissioni
fino alla
portata massima
di 78
chilometri, pari
alla distanza
fra le isole
Palmaria e
Gorgona.
Visti i promettenti risultati, già nel 1898
furono fatte
installazioni
sulle navi «
Lepanto », «
Sardegna », «
Messaggero » e «
Trinacria»,
quando la stessa
flotta inglese
disponeva di
impianti Marconi
su sole tre
navi.
Fra gli apporti della Marina italiana in
quel tempo,
merita di essere
segnalata
l’introduzione
della ricezione
dei segnali « a
udito » (anziché
con macchina
Morse)
applicando il
telefono ad uno
speciale «
coherer » ideato
dal semaforista
Castelli nel
1900. Con esso
fu battuto il
record dei 220
chilometri fra
la Palmaria e
l’isola del
Giglio, prima
che Marconi
stesso
raggiungesse in
Inghilterra la
portata di 300
chilometri.
Ma ciò che non tutti sanno, è che nella
fatidica data
del 12 dicembre
1901, in cui la
telegrafia
Marconi varcò
per la prima
volta
l’Atlantico, la
ricezione della
lettera «S» (tre
punti morse) era
stata fatta da
Marconi in
persona e dal
suo assistente,
all’isola di
Terranova
servendosi di un
esemplare del
dispositivo di
cui abbiamo
detto più sopra.
Fu poi nel 1902 l’invenzione del « detector
magnetico »
fatta dallo
stesso Marconi
(che ne collaudò
il funzionamento
nelle due famose
campagne
dell’incrociatore
italiano « Carlo
Alberto ») a
consacrare
definitivamente
la ricezione
auricolare, che
resta tuttora il
sistema più
pratico di
ascolto radio
sulle navi.
La Spezia, contrariamente a Genova che ha
dato il nome del
grande inventore
ad una delle sue
più belle strade
litoranee ha
relegato il nome
di Marconi fra i
toponimi di
periferia.
Anni addietro fu anche ventilata l’idea di
ereggere un
cippo o apporre
una targa
sull’impareggiabile
fronte a mare
della città, a
ricordo delle
storiche
esperienze che
Guglielmo
Marconi compì
nel 1897. Ma poi
non si è fatto
più nulla.
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