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Eureka:
Finalmente, nel
dotto scritto di
Silvestri, testé
pubblicato su
questa cronaca
(le nostre
pinete invase
dai bruchi in
processione), un
bagliore di
speranza per
quanti, ormai
sfiduciati per
la strage del «
verde » operata
sulle apriche
pendici di Porto
Venere (e del
golfo in
genere), vedono
nell’iniziativa
del sindaco del
comune un
sintomatico
principio di
voler fare
qualcosa di più
delle tante
parole prodigate
sul vitale
argomento nei
piani regolatori
e nelle
conseguenti
polemiche di
stampa (Palmaria
ad esempio...).
Circa le pinete di Porto Venere, potrei
testimoniare
che, fino a vari
anni fa, per
quelle (allora
bellissime) di
Punta Cavo (il
promontorio
cantato, per la
sua feracità,
dal poeta Ursone
da Vernazza nel
1240) la
soprintendenza
alle belle arti
soleva diffidare
per lettera i
proprietari a
mantenerle nel
migliore
assetto, in
considerazione
del « loro
interesse
panoramico ». A
giudicare dallo
stato attuale in
cui si trovano,
si direbbe che
tali obblighi
siano ora
rallentati, o
inesistenti.
Quanto alla terribile « processionaria »
del Pino (la
pityocampa della
classificazione
latina
scientifica)
viene anche
combattuta con
irrorazioni
arsenicali, ma è
preferibile la
ricerca e
distruzione dei
nidi, assai
vistosi, di
solito appesi e
ben nascosti fra
gli aghi dei
pini tenendo
presente che i
bruchi sono
pericolosi per
occhi e le vie
respiratorie. E’
assai lodevole e
incoraggiante
che un primo
gruppo di
giovani (Dorgia,
Bastreri, Rossi,
Reboa) abbia
iniziato la sua
battaglia per la
bonifica delle
pinete da tale
insetto
distruttore.
Il fatto che la « processionaria » fosse un
tempo piuttosto
rara nelle
pinete
all’entrata del
golfo, farebbe
pensare che
l’invasione
segnalata
(temibile per
altre piante del
bosco data
l’esistenza di
altro tipo dello
stesso vorace
lepidottero) sia
anch’essa
conseguente — al
pari degli
incendi — dello
stato di
deplorevole
abbandono del
«sottobosco». Il
che ci ha
regalato anche
le vipere,
specie di
rettile che a
memoria d’uomo
non fu mai
presente nel
territorio di
Porto Venere. Ma
qui il discorso
si fa troppo
lungo e assai
complesso:
abbandono delle
coltivazioni,
distruzione
degli uccelli
rapaci,
invasione dei
roditori (cibo
preferito dei
rettili) e via
dicendo. Chi
vivrà vedrà...
Ridiamo a Porto Venere e alla Palmaria le
saluberrime
pinete,
fragranti di
resine ed erbe
buone. Evitiamo
soprattutto la
distruzione di
quelle pensili
sulle superstiti
impareggiabili
scogliere del
litorale e delle
isole, che tanto
contribuiscono a
dare colore e
singolarità ai
panorami. E che
la «
destinazione
verde » posta
nei piani
regolatori suoni
qualcosa di più
del
convenzionale
divieto di
fabbricazione:
sibbene di zona
ordinata e
mantenuta, non
infestata e,
soprattutto
accessibile —
per ragioni di
lavoro, sociali
e turistiche —
attraverso i
vecchi,
esistenti ab
antiquo
sentieri, oggi
ridotti a
impraticabili
sterpai.
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