|
Ai naturalisti
che indagarono
sulla vita
dell’uomo nella
preistoria, il
compito fu reso
relativamente
facile dalla
abbondanza di
reperti
rinvenuti nelle
caverne dei
trogloditi — la
Grotta dei
Colombi alla
Palmaria, ad
esempio — e in
altri luoghi. Fu
più difficile (e
lo è tuttora)
l’opera degli
archeologi nel
ricostruire il
come e il quando
delle prime
manifestazioni
artistiche dello
stesso homo
sapiens,
che furono
verosimilmente
quelle
megalitiche,
come le
incisioni sulla
roccia, i
menhirs
(dalla voce
bretone che
significa
pietra lunga
infissa
verticalmente) e
le statue-stele
(dette talvolta
statue-menhir).
La Lunigiana, territorio non rispondente
oggi a specifica
giurisdizione
amministrativa,
ma che comprende
la provincia di
Massa e Carrara,
una piccola
porzione di
quella di Lucca
e gran parte
della provincia
della Spezia,
vanta forse il
primato fra le
zone d’Italia
nelle quali
furono trovate
autentiche
statue-stele
(Alto Adige,
Liguria
occidentale,
Piemonte, la
zona felsinea e
quella
foggiana).
Descrivere in breve articolo di giornale
queste
rudimentali
espressioni
dell’arte
scultorea che si
pongono tra il
secondo
millennio e il
quinto secolo
a.C. non è
davvero cosa
attuabile, e non
resta che
consigliare, a
chi lo desidera,
una visita alle
raccolte di
statue-stele
conservate nel
civico museo
della Spezia e
nel Deposito
archeologico
statale di
Casola Lunigiana
(Massa Carrara).
In linea generale, si può dire che le
statue-stele
lunigianesi (in
complesso
quarantatrè, fra
integre e
ricomposte da
frammenti) sono
tutte ricavate
da grosse lastre
di arenaria e
più o meno
antropomorfizzate,
dandogli cioè
aspetto umano,
secondo criteri
tipologici ai
quali fa
riscontro una
relativa
cronologia,
ovviamente non
assoluta. A
meglio
definirla, ha
contribuito il
fatto che
nell’ideografia
delle stele,
ricavata con
tecniche
primitive ma
efficaci, sono
riprodotte,
oltre ad alcune
parti facciali e
agli arti
superiori, varie
armi
caratteristiche,
pugnali,
giavellotti,
asce.
Sembra che il culto delle statue-stele si
sia diffuso in
Europa alla fine
del periodo
neolitico e si
sia massimamente
espanso nell’età
del bronzo, con
un ritorno,
almeno in
Lunigiana,
nell’alta fase
dell’età del
ferro. Ma
pensando alle
cento e più
memorie scritte
da stranieri e
italiani sui
menhirs e le
statue-stele,
non c’è da
meravigliarsi se
sui modi, i
tempi e i fini
della diffusione
di tali
monumenti siano
state fatte
ipotesi
disparate.
Tutto ciò si può oggi apprendere — per le
stele della
Lunigiana — dal
Corpus delle
statue-stele
lunigianesi,
una bella
pubblicazione in
formato 19 x 26
cm ricca di
fotografie e
tavole
topografiche,
edita
dall’istituto
internazionale
dì studi liguri
con la
collaborazione,
oltreché del
compilatore (che
ha visto il
fenomeno delle
stele non con la
mente dello
studioso, ma
piuttosto con il
cuore di un
figlio di
Lunigiana e
dell’ambiente in
cui il
misterioso
fenomeno si è
sviluppato),
dell’EPT di
Massa e Carrara,
che ha messo a
disposizione il
fotografo Bessi,
ben noto per la
parte presa alla
mostra
fotografica di
scultura
inglese, tenuta
la scorsa estate
al forte
Belvedere di
Firenze.
La prima statua-stele di Lunigiana è stata
scoperta nel
comune di
Zignago nel
1827, ed è la
meno
antropomorfizzata.
La seconda e la
terza (andata
smarrita)
vennero alla
luce nel 1886 in
occasione di
scavo di un
bacino di
carenaggio
dell’arsenale, e
furono
illustrate da
Giovanni
Capellini.
Da allora i ritrovamenti furono più
frequenti, fino
alla numero 43,
in località
Treschietto. E
inutile dire che
in Lunigiana,
come altrove,
intorno alle
scoperte si
formò un scuola
dì
esperti-indagatori
che per ognuna
di esse dettero
precise
descrizioni e
fornirono
opinioni sulla
loro funzione
presunta,
tuttora
valevoli. Sono,
per l’appunto,
fra coloro che
compilarono
memorie
essenziali:
Augusto C.
Ambrosi,
Raffaele
Battaglia,
N.Conti, Ubaldo
e Romolo
Formentini,
Manfredo
Giuliani, Ubaldo
Mazzini, Pia
Laviosa Zambotti,
e forse altri.
Del culto delle pietre « non antropomorfe »
vi sono in
Lunigiana solo
deboli tracce:
il menhir di
Biassa,
segnalato da
Ubaldo Mazzini
nel 1922,
qualcosa del
genere nel
comune di
Pontremoli
(studiato da M.
Giuliani) e il
più grande e
gigantesco
menhir naturale
che è il monte
Sagro (alto m.
1749) ove
secondo U.
Formentini sembra avere
lasciato tracce
durature un
altro
antichissimo
culto: quello
delle vette.
|
|