Sulla nascita di Porto Venere dalla storia di Genova del De Negri

 

      

        Sull'antichità di Porto Venere e di alcuni dei suoi monumenti continua ad esercitarsi l'indagine di storiografi e di archeologi, talché il pittorico sorgitore ligustico, oggi meta importante del turismo interno ed internazionale, continua ad essere un po' il mistero del Golfo...
        Il nome antico della baia, Portus Veneris, denota, per certo, l'origine romana, ma solo nel 177 E.C. si trova registrato, insieme a quelli di Luni, Sestri Levante, Portofino ed altri, fra i porti di tappa dell'itinerario marittimo da Roma alle Gallie che va sotto il nome dell’imperatore Antonino. Poi, in tempi recenti, si scoprono le famose lettere del papa S. Gregorio Magno che trattano dei monasteri di Porto Venere (A.D. 594). Infine l'atto di vendita del paese, con le isole e un tratto di terraferma ai consoli della Compagna (il comune) di Genova, da parte dei signori di Vezzano, feudatari locali, datato all’anno 1109.
        Su questi tre riferimenti hanno discusso e fatto alla meglio il «punto» sull’antichità di Porto Venere storiografi ed archeologi, come usano farlo in mare i navigatori con tre rilevamenti costieri ed altre «rette di posizione». Ricordo che le lettere di San Gregorio Magno avevano, fra l’altro, acceso la discussione sulla presenza del monachesimo insulare (gli anacoreti Lucifugi od oscurantisti) nelle isole e nella stessa punta San Pietro e che sul «problema di Porto Venere» avevano dato chiarificazioni definitive il professor Ubaldo Formentini (un asso nella storia artistica ed archeologica di Liguria e Lunigiana) ed il professor Teofilo Ossian De Negri (Bollettino Ligustico per la Storia e la Cultura regionale, 1952).
        Di quest'ultimo studioso (in profondità) della storiografia ligure è uscita ora in elegante veste editoriale Aldo Martello la Storia di Genova (846 pagine 199 illustrazioni, 18 tavole a Colori). Benché buona parte dei ventisei capitoli siano dedicati alle vicende politiche, economiche, artistiche ed urbanistiche della Civitas-Stato ed al suo respiro nel mondo, non mancano nell'ampia trattazione gli accenni all’espansione rivierasca, là dove essi sono più intimamente connessi con la politica della Dominante. Va notato che il De Negri a differenza del Vitale, che aveva limitato il suo interesse a Genova repubblica, dal Mille al 1814, spazia molto più nei secoli, abbracciando in una sintesi unitaria le vicende di Genova antica ed altomedioevale ma poi si rimette sulla scia del Maestro, pur aggiornando il periodo del '400 con gli ultimi apporti dell'Istituto di storia dell'università genovese.
        Nei riguardi di Porto Venere, la storia del De Negri contiene nuove precisazioni su uno dei punti chiave, precedentemente citati, dell'antichità del borgo. Sulla scorta, infatti, degli studiosi più accreditati – afferma il De Negri - l'acquisto dai signori di Vezzano non sarebbe stato fatto nel 1109, ma solo in modo formale in un'età che si aggira intorno al 1139. E cioè nel 1113 Genova occupa Porto Venere manu militari, vi istituisce senz'altro la sua colonia (la Colonia Januensis dei documenti ufficiali) ed inizia la costruzione della chiesa di San Lorenzo, che sarà consacrata da papa Innocenzo II nel 1130. Nel 1139, approfittando di un momento di relativa pace con Pisa, i consoli provvedono all'acquisto formale di Porto Venere dai signori di Vezzano ed alla sistemazione definitiva della colonia. Nel 1160-61 il nuovo e vecchio borgo (il castrum vetus e San Pietro) vengono chiusi nella cerchia di mura, con le torri tuttora esistenti e si provvede al rinnovamento radicale del castello superiore.
        La veduta da me imperfettamente riprodotta dal volume in questione si riferisce ad un disegno del pittore Domenico Cambiaso, facente parte della collezione topografica del comune di Genova. Siamo nella prima metà del secolo XIX, la Repubblica di Genova, affossata da Napoleone I nel 1799, ha perduto la sua indipendenza, ed è stata unita al Regno di Piemonte. Da lungo tempo, Porto Venere ha cessato dalla sua funzione di piccola Gibilterra della Liguria orientale: le sue belle fortificazioni sono un anacronismo; le soldatesche straniere delle guerre napoleoniche hanno devastato il castello e ridotto a rovine la chiesa di San Pietro; il resto, in mancanza di una disciplina tutoria, lo faranno i deturpatori privati.
        Sono gli artisti (disegnatori e pittori di ogni paese), gli scrittori, i poeti che hanno il culto dell'arte e sanno vederla nelle macerie del passato incastonate in natura e paesaggio fuori del comune, gli storiografi e gli archeologi a salvare il vecchio volto di Porto Venere. Oggi sono in molti a proclamarlo intoccabile, come un prezioso quadro di famiglia e la stessa amministrazione comunale se ne è fatta garante. Al disopra di ogni considerazione sentimentale, vi è l'attrattiva che le antichità portoveneresi esercitano sul turismo qualificato, con le relative conseguenze economiche. Non vi sono però segni positivi che si stia marciando verso tale traguardo.

 
     
     

  

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