Gino Montefinale:
Raccolta di articoli di storia, di radio, di mare

 

 

ISTRUZIONE MARINARESCA DEGLI UFFICIALI DI VASCELLO


  

 

 

Così importante è l’argomento dell’istruzione ed educazione degli ufficiali di vascello, che, anche a volerne trattare una singola parte, come mi accontento di fare io, occorrerebbe molto più spazio di quello che mi è concesso dall’ospitalità della Rivista Nautica. Mi limiterò quindi ad esporre alcune mie opinioni personali che, mi auguro, potranno destare in altri il desiderio di trattare più a fondo la questione.

Un falso pregiudizio va facendosi ogni giorno sempre più ampia strada fra gli ufficiali di mare, alimentato forse dalla piega troppo industriale che va prendendo la nostra professione o dall’esagerato spirito di precursione e di novità dei tempi. È il pregiudizio che sentiamo enunciare con verità di postulato tutti i giorni, che cioè ben poco valga all’ufficiale di marina moderno il vantare come sua prima qualità professionale quella di essere profondamente marinaio. Si è troppo detto che nelle navi moderne tutto è macchina, tutto è cannone: non si doveva dimenticare che queste officine galleggianti, se passano purtroppo gran parte della loro breve vita nelle darsene o sui corpi morti delle nostre rade, sono sempre, oggi come una volta, destinate a far la guerra in alto mare e che questo è rimasto sempre lo stesso.

Ma io oso affermare qualcosa di più – che cioè la manovra delle unità moderne richiede maggiori qualità di occhio marino e di prontezza di percezione che quella delle navi di una volta. La manovra alla vela era lenta, improntata alla massima prudenza – erano rare le manovre in acque ristrette -         quindi i comandanti aveva-no maggior tempo di pensare e prendere una decisione. Oggi invece che pochi colpi di propulsori fanno percorrere grandi tratti di cammino, oggi che le navi sono più pesanti e si esige, specialmente dalle siluranti, le manovre in acque ristrette, nelle darsene, di notte a fanali spenti ed a grandi velocità, le doti che deve avere un comandante si trovano ad essere aumentate.

Eppure mai come in questo momento è stata accentuata in molte marine la tendenza a trascurare l’educazione marinaresca degli ufficiali. Premetto che la chiamo con tal nome, sebbene io non voglia parlare della scuola delle vele e dei nodi – ormai passate alla storia – ma della scuola di manovra, che deve ancora essere, insieme a quella del tiro, la scuola più importante per gli ufficiali.

Essa comincia nelle Accademia Navali e non deve cessare nel corso della carriere successiva.

        Non entro nella questione del reclutamento, troppo ardua e delicata: prendo le cose come sono attualmente. E dico subito che per fare di un giovine di diciotto anni, digiuno completamente di cose marinaresche, come sono la maggior parte degli italiani a quell’età, un più che modesto manovratore di una barca White, occorre, durante tutto il periodo dell’Accademia dare alla scuola di manovra un’importanza ed uno svolgimento maggiore che attualmente. La permanenza dell’allievo a terra è quasi tutta assorbita dagli studi; quella a bordo, dalla navigazione d’alto mare, colla nave isolata e quindi nelle peggiori condizioni per conferire agli allievi esperienza di manovra. Dove acquisteranno adunque essi quelle indispensabili qualità marinaresche che dovranno per forza possedere un giorno quando posti al comando di una torpediniera, della cacciatorpediniere, della nave da battaglia? Non certo durante il grado di guardiamarina, oggi meno che una volta, e tanto meno dei successivi, fino al primo comando, in cui devono iniziare la scuola a proprie spese!

        Chi di voi, visitando le Accademie Navali di Annapolis, di Kiel, il Naval College inglese, non si è sentito un po’ invidioso delle innumerevoli imbarcazioni a remi, a vela, a vapore ed anche a scoppio, che sono messe quotidianamente a disposizione degli allievi per diporto o per utili esercizi d’insieme? Chi di noi non è rimasto meravigliato, tutte le volte che ne ha avuta l’occasione, della calma e precisione con cui i giovani midschipmen inglesi e giapponesi manovrano le grosse barche White delle loro navi, che sono la più bella scuola pei futuri comandanti di torpediniera? Abbiamo sempre ammirato, ne abbiamo sempre avuto invidia; ma non abbiamo sentito il bisogno di imitare – talvolta abbiamo disprezzato, illusi dei nostri concetti moderni.

        La prima dote che occorre imprimere nella mente di un ufficiale giovane è l’ardimento: esso è sempre indispensabile – oggi più che una volta. Ardimento e vigoria conferivano senza dubbio le campagne alla vela: esse sono state abolite – i tempi lo hanno richiesto – ma forse è rimasto troppo poco per contribuire oltre all’istruzione professionale all’educazione fisica e del carattere.

        Ecco, secondo il mio parere, come dovrebbe essere curata la scuola di manovra dei nostri futuri comandanti: Una delle campagne d’istruzione degli allievi dell’Accademia dovrebbe essere fatta alla vela. Provvedere  questo importante istituto di istruzione e di educazione navale di un numero sufficiente d’imbarcazioni, specialmente a vapore e dare un più largo sviluppo agli esercizi di manovra, magari sacrificando ad essi parte del tempo consacrato all’insegnamento di alcune discipline matematiche (come ad esempio la geometria analitica o la descrittiva). Imbarcare gli aspiranti sulle torpediniere e cacciatorpediniere per esercitare sovente i guardiamarina nella manovra delle imbarcazioni e magari, se ne è il caso, dotare le nostre navi maggiori di quelle grosse pirobarche pontate che, oltre al vantaggio di essere la miglior scuola di manovra pei giovani ufficiali, ne presentano altri numerosi che non è qui il caso di rammentare. Aggregare alle squadre un certo numero di torpediniere e farle uscire spesso, dandone il comando, a turno, ai tenenti di vascello delle diverse navi.

        Mi pare che in tal modo gli ufficiali destinati al comando giungano ad esso con una sufficiente esperienza di manovra, non trovandosi quindi nella dura condizione di iniziare questa esperienza a spese del materiale loro affidato e della loro reputazione. Ciò è tanto più necessario oggi che si arriva al primo comando, quello di una silurante, in età abbastanza matura e quindi poco favorevole a sviluppare doti di ardimento e di occhio marino che bisognerebbe avere già in adolescenza, ma che si possono acquistare anche nella prima gioventù. Sono doti che non si assimilano sui libri né sui banchi delle scuole, ma sul mare, colla continua dimora su di esso, coll’osservazione giornaliere, colla condotta di unità anche di modeste dimensioni.

 

Gino Montefinale

Sottotenente di vascello

 

Rivista Nautica, 1908

 


 

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