ISTRUZIONE MARINARESCA DEGLI UFFICIALI DI VASCELLO
Così importante è l’argomento dell’istruzione ed educazione degli ufficiali
di vascello, che, anche a volerne trattare una singola parte, come mi
accontento di fare io, occorrerebbe molto più spazio di quello che mi è
concesso dall’ospitalità della Rivista Nautica. Mi limiterò quindi ad
esporre alcune mie opinioni personali che, mi auguro, potranno destare in
altri il desiderio di trattare più a fondo la questione.
Un falso pregiudizio va facendosi ogni giorno sempre più ampia strada fra
gli ufficiali di mare, alimentato forse dalla piega troppo industriale che
va prendendo la nostra professione o dall’esagerato spirito di
precursione e di novità dei tempi. È il
pregiudizio che sentiamo enunciare con verità di postulato tutti i giorni,
che cioè ben poco valga all’ufficiale di marina moderno il vantare come sua
prima qualità professionale quella di essere profondamente marinaio. Si è
troppo detto che nelle navi moderne tutto è macchina, tutto è cannone: non
si doveva dimenticare che queste officine galleggianti, se passano purtroppo
gran parte della loro breve vita nelle darsene o sui corpi morti delle
nostre rade, sono sempre, oggi come una volta, destinate a far la guerra in
alto mare e che questo è rimasto sempre lo stesso.
Ma io oso affermare qualcosa di più – che cioè la manovra delle unità
moderne richiede maggiori qualità di occhio marino e di prontezza di
percezione che quella delle navi di una volta. La manovra alla vela era
lenta, improntata alla massima prudenza – erano rare le manovre in acque
ristrette -
quindi i comandanti aveva-no maggior tempo di pensare e prendere una
decisione. Oggi invece che pochi colpi di propulsori fanno percorrere grandi
tratti di cammino, oggi che le navi sono più pesanti e si esige,
specialmente dalle siluranti, le manovre in acque ristrette, nelle darsene,
di notte a fanali spenti ed a grandi velocità, le doti che deve avere un
comandante si trovano ad essere aumentate.
Eppure mai come in questo momento è stata accentuata in molte marine la
tendenza a trascurare l’educazione marinaresca degli ufficiali. Premetto che
la chiamo con tal nome, sebbene io non voglia parlare della scuola delle
vele e dei nodi – ormai passate alla storia – ma della scuola di manovra,
che deve ancora essere, insieme a quella del tiro, la scuola più importante
per gli ufficiali.
Essa comincia nelle Accademia Navali e non deve cessare nel corso della
carriere successiva.
Non entro nella questione del reclutamento, troppo ardua e delicata: prendo
le cose come sono attualmente. E dico subito che per fare di un giovine di
diciotto anni, digiuno completamente di cose marinaresche, come sono la
maggior parte degli italiani a quell’età, un più che modesto manovratore di
una barca White, occorre, durante tutto il periodo dell’Accademia dare alla
scuola di manovra un’importanza ed uno svolgimento maggiore che attualmente.
La permanenza dell’allievo a terra è quasi tutta assorbita dagli studi;
quella a bordo, dalla navigazione d’alto mare, colla nave isolata e quindi
nelle peggiori condizioni per conferire agli allievi esperienza di manovra.
Dove acquisteranno adunque essi quelle indispensabili qualità marinaresche
che dovranno per forza possedere un giorno quando posti al comando di una
torpediniera, della cacciatorpediniere, della nave da battaglia? Non certo
durante il grado di guardiamarina, oggi meno che una volta, e tanto meno dei
successivi, fino al primo comando, in cui devono iniziare la scuola a
proprie spese!
Chi di voi, visitando le Accademie Navali di Annapolis, di Kiel, il
Naval College inglese, non si è sentito un po’
invidioso delle innumerevoli imbarcazioni a remi, a vela, a vapore ed anche
a scoppio, che sono messe quotidianamente a disposizione degli allievi per
diporto o per utili esercizi d’insieme? Chi di noi non è rimasto
meravigliato, tutte le volte che ne ha avuta l’occasione, della calma e
precisione con cui i giovani midschipmen inglesi
e giapponesi manovrano le grosse barche White delle loro navi, che sono la
più bella scuola pei futuri comandanti di torpediniera? Abbiamo sempre
ammirato, ne abbiamo sempre avuto invidia; ma non abbiamo sentito il bisogno
di imitare – talvolta abbiamo disprezzato, illusi dei nostri concetti
moderni.
La prima dote che occorre imprimere nella mente di un ufficiale giovane è
l’ardimento: esso è sempre indispensabile – oggi più che una volta.
Ardimento e vigoria conferivano senza dubbio le campagne alla vela: esse
sono state abolite – i tempi lo hanno richiesto – ma forse è rimasto troppo
poco per contribuire oltre all’istruzione professionale all’educazione
fisica e del carattere.
Ecco, secondo il mio parere, come dovrebbe essere curata la scuola di
manovra dei nostri futuri comandanti: Una delle campagne d’istruzione degli
allievi dell’Accademia dovrebbe essere fatta alla vela. Provvedere
questo importante istituto di istruzione e di educazione navale di un
numero sufficiente d’imbarcazioni, specialmente a vapore e dare un più largo
sviluppo agli esercizi di manovra, magari sacrificando ad essi parte del
tempo consacrato all’insegnamento di alcune discipline matematiche (come ad
esempio la geometria analitica o la descrittiva). Imbarcare gli aspiranti
sulle torpediniere e cacciatorpediniere per esercitare sovente i
guardiamarina nella manovra delle imbarcazioni e magari, se ne è il caso,
dotare le nostre navi maggiori di quelle grosse
pirobarche pontate che, oltre al vantaggio di essere la miglior
scuola di manovra pei giovani ufficiali, ne presentano altri numerosi che
non è qui il caso di rammentare. Aggregare alle squadre un certo numero di
torpediniere e farle uscire spesso, dandone il comando, a turno, ai tenenti
di vascello delle diverse navi.
Mi pare che in tal modo gli ufficiali destinati al comando giungano ad esso
con una sufficiente esperienza di manovra, non trovandosi quindi nella dura
condizione di iniziare questa esperienza a spese del materiale loro affidato
e della loro reputazione. Ciò è tanto più necessario oggi che si arriva al
primo comando, quello di una silurante, in età abbastanza matura e quindi
poco favorevole a sviluppare doti di ardimento e di occhio marino che
bisognerebbe avere già in adolescenza, ma che si possono acquistare anche
nella prima gioventù. Sono doti che non si assimilano sui libri né sui
banchi delle scuole, ma sul mare, colla continua dimora su di esso,
coll’osservazione giornaliere, colla condotta di unità anche di modeste
dimensioni.
Gino Montefinale
Sottotenente di vascello
Rivista Nautica, 1908
Home ◊
I libri ◊
I libri
inediti ◊
Gli articoli ◊
Gli
interventi ◊
Gino
Montefinale ◊
Biografia ◊ Contattaci |